A Villanovetta di Verzuolo la leggenda della dolce Griselda

La leggenda di Griselda, venne scritta da Giovanni Boccaccio (1313-1375) nella decima ed ultima giornata del "Decameron". Nel 1600 Agostino Della Chiesa "stabilì" che il paesino di cui si parlava nel Decameron, fosse Villanovetta di Verzuolo. Di lei si parlò e si scrisse molto: Tommaso III di Saluzzo ne riporta alcune doti: Papa Pio II in alcune lettere di famiglia, riferite ad un matrimonio, indica le migliori virtù di una sposa in quelle di Griselda. Tra il 1400 e il 1600 venne proposta su molte scene teatrali ( anche di Parigi).

Gualtieri, marchese di Saluzzo, dedica tutta la sua esistenza alla caccia, “né di prender moglie né d’aver figliuoli alcun pensiero avea”; tuttavia, quando i sudditi dei suoi territori (che temono di restare senza un signore) lo invitano a trovare una compagna, egli decide di scegliere da sé la donna giusta, tra le tante di cui potrebbe disporre data la sua posizione. Gualtieri decide così di sposare una modestissima guardiana di pecore, Griselda. Poco dopo le nozze la ragazza, che grazie al suo carattere dolce e accomodante e alla sua gentilezza d’animo si è subito conquistata l’amore della corte e di tutti i sudditi, vincendo i pregiudizi legati alla sua estrazione sociale, rimane incinta e dà alla luce una bambina. La notizia riempie di gioia tutti quanti, fino a che Gualtieri, “entratogli un nuovo pensier nell’animo, cioè di volere con lunga esperienzia e con cose intollerabili provare la pazienzia di lei”, decide di testare la fedeltà della moglie, e inizia a tormentarla senza alcuna pietà né rispetto. Dapprima le racconta che il popolo critica la sua provenienza popolare e il fatto che un nobile come lui abbia scelto proprio una semplice popolana come sposa, poi aggiunge che anche la bambina è mal vista in quanto figlia sua. La reazione della giovane, fedele e sottomessa alla figura del marito, stupisce moltissimo il marchese, che intravede in questo atteggiamento una grande saggezza e una notevole forza d'animo. Non pago tuttavia, Gualtieri manda un parente a strappare la bambina a Griselda, dicendole che sarà messa a morte. La madre, straziata dal dolore, ubbidisce tuttavia all’ordine del coniuge, e consegna la bambina. In realtà la piccola non viene uccisa, ma affidata alle cure e all’educazione di un parente di Bologna.

Lo stesso meccanismo perverso si ripete tempo dopo, quando Griselda partorisce un maschietto, ovvero l’erede tanto desiderato da Gualtieri. Quest’ultimo replica la sua abietta condotta, sempre convinto di testare così la fedeltà della moglie, e anche il secondogenito viene dato per morto e spedito a Bologna. Il marchese non è ancora soddisfatto e, nonostante la moglie non si sia ribellata neanche alla presunta uccisione dei suoi stessi figli per rispetto e venerazione del marito, le annuncia di aver domandato la dispensa papale per potersi risposare con una donna socialmente degna di lui. Gualtieri ordina a Griselda di tornarsene da dove è venuta, restituendo la dote ed ogni altro bene materiale acquisito col matrimonio. L’unica richiesta di Griselda, dettata peraltro dall’attenzione per il ruolo sociale del marito, è quella di poter portare via una camicia con cui coprirsi, per non disonorare marchese e figli.

Gualtieri richiama quindi la prole da Bologna, e spaccia la figlia, ora dodicenne, per la sua futura sposa. Inoltre ordina a Griselda di preparare tutto l’occorrente per le nozze e, mostrandole la ragazzina, le chiede cosa ne pensa, aspettandosi a questo punto un cedimento da parte della donna. Anche questa volta Griselda resta impassibile, e afferma che la futura sposa è bellissima. Gualtieri a questo punto, commosso dalla fedeltà della moglie, le rivela la verità: i figli non sono mai stati uccisi e sono lì davanti ai suoi occhi, lui la ama moltissimo e d’ora in poi vivranno tutti insieme felici e contenti.