Affitti brevi: la cedolare secca sale al 26% nella nuova manovra

Negli ultimi giorni il Governo ha confermato, all’interno della bozza della Legge di Bilancio 2026, l’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi dal 21% al 26%.
Si tratta di una modifica che interessa migliaia di proprietari italiani e che potrebbe cambiare gli equilibri del mercato delle locazioni turistiche e residenziali.

Cosa prevede la nuova norma

Secondo il testo approvato dal Consiglio dei Ministri e ora in discussione in Parlamento, l’aliquota del 26% si applicherà ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve (fino a 30 giorni, anche gestiti tramite portali come Airbnb o Booking).
Rimane invece la possibilità di applicare l’aliquota del 21% solo sul primo immobile individuato dal contribuente, a condizione che non venga gestito da intermediari.

L’obiettivo dichiarato è duplice:

  • ridurre il divario fiscale tra gli affitti brevi e quelli tradizionali,

  • contrastare le forme di locazione turistica non dichiarate o parzialmente in nero.

L’impatto economico per i proprietari

L’aumento dell’aliquota comporterà un incremento medio di imposta stimato in circa 1.300 euro l’anno per un appartamento di 60-70 metri quadrati affittato per brevi periodi nelle grandi città.
Molti analisti ritengono che la misura possa ridurre la redditività netta degli affitti turistici di circa il 15–20%, spingendo alcuni proprietari a orientarsi verso contratti più lunghi e stabili.

Un esempio pratico:

  • con la cedolare al 21%, su un reddito lordo annuo di 15.000 €, l’imposta era pari a 3.150 €;

  • con l’aliquota al 26%, la stessa locazione comporterà un’imposta di 3.900 €, cioè 750 € in più.

Per chi possiede più immobili destinati agli affitti brevi, la differenza complessiva può essere significativa.

Effetti sul mercato delle locazioni

Secondo Confedilizia, che ha discusso il tema nel convegno nazionale del 21 ottobre a Roma, la misura rischia di provocare un contraccolpo sull’offerta di alloggi turistici, soprattutto nei centri storici e nelle località a vocazione stagionale.
Alcuni operatori ritengono che parte dei proprietari potrebbe decidere di sospendere l’attività di locazione breve o di spostarsi verso l’affitto a medio termine (3–12 mesi), oggi in crescita tra lavoratori e studenti.

D’altro canto, per le amministrazioni locali la norma è vista come un tentativo di riequilibrare il mercato urbano, dove l’esplosione degli affitti turistici ha ridotto la disponibilità di case in locazione residenziale.

Una trasformazione inevitabile

Il settore degli affitti brevi entra così in una fase di trasformazione: la tassazione più alta, unita alle nuove regole di tracciabilità e agli obblighi di comunicazione dei portali, porterà verso una maggiore selezione dei proprietari e delle strutture.
Gli operatori con immobili di qualità, gestiti in modo professionale e con tariffe equilibrate, continueranno a trovare spazio.
Chi invece puntava solo sul rendimento rapido potrebbe vedere ridursi i margini di profitto.

Prospettive per il 2026

L’effetto complessivo della norma dipenderà anche dalle decisioni dei singoli Comuni, molti dei quali stanno già introducendo regolamenti più rigidi per gli affitti turistici.
Si prevede che nelle grandi città italiane – come Roma, Milano, Firenze e Venezia – parte dell’offerta oggi turistica possa tornare sul mercato residenziale, contribuendo ad attenuare la scarsità di abitazioni in affitto a lungo termine.

Nel medio periodo, l’aumento della cedolare secca potrebbe dunque spingere verso una riconversione del patrimonio immobiliare, con effetti a catena sui valori, sulle ristrutturazioni e sulla gestione degli immobili urbani.